Giulia Cecchettin, il misterioso memoriale di Turetta: cosa rivela la lista inquietante.
Nel recente processo per l’omicidio di Giulia Cecchettin, gli occhi del pubblico sono puntati su una rivelazione choc: la lista redatta da Filippo Turetta, reo confesso del delitto, contenuta in un memoriale di circa ottanta pagine. Questo documento, presentato alla Corte d’Assise di Venezia, non solo descrive la dinamica del femminicidio avvenuto lo scorso novembre ma offre anche uno sguardo inquietante nella mente dell’imputato. Le annotazioni del giovane, in parte scritte a mano e in parte dattiloscritte, svelano dettagli disturbanti sulle sue intenzioni e sul contesto della tragedia.
Un elemento centrale del memoriale è rappresentato da una “lista delle cose da fare”, che rivela le preparazioni minuziose di Turetta nei giorni che hanno preceduto l’aggressione fatale a Giulia. Il giovane racconta come avesse pianificato ogni intercettazione, compresi atti come il prelievo di soldi al bancomat. Le parole nel suo memoriale svelano una mente in preda a pensieri ossessivi, quasi come se fosse in attesa di un’azione predestinata. La lista, ricca di dettagli, evidenzia argomenti ben più inquietanti di quanto si potesse immaginare.
Turetta afferma che tra le sue annotazioni ci fosse anche l’acquisto di una cartina geografica dell’Italia, pensata per aiutarlo a fuggire con la vittima verso un luogo isolato. Eppure, incredibilmente, confessa di non aver mai usato quella cartina, lasciando aperti interrogativi su ciò che realmente desiderava mettere in atto in quel tragico giorno. I frutti della sua immaginazione si mescolano a segni di una pericolosa realtà.
Gli oggetti della preparazione
Nella lista di Turetta, gli oggetti elencati sono parte integrante del suo piano malefico, un’esposizione di attrezzi che non lasciano spazio all’immaginazione. Tra di essi, spiccano alcuni coltelli, oggetti prelevati da casa sua in quei giorni cruciali. Il giovane spiega la sua scelta, ammettendo che avesse previsto di usarli per aggredire Giulia, un’affermazione che, letta su carta, colpisce con un peso insostenibile.
In controparte, menziona anche di uno “zaino grande” che portava sempre con sé, utilizzato per le sue attività universitarie. Questo zaino diviene quindi un simbolo di normalità, mentre si fa portatore di piani di violenza. Altre voci nella lista rimarcano segni sempre più inquietanti. “Pieno di metano/benzina per evitare di fermarsi…” una preparazione da copione, casi d’uso di una mente probabilmente instabile. Persino scotch per legare, e ulteriori materiali, come una maschera o un panno inumidito, che lasciano interrogativi aperti.
La complessità del pensiero criminale
Nonostante il piano appaia ben strutturato, ci sono elementi che emergono come segni di una mente confusa, incapace di seguire un solo percorso logico. Nel memoriale, Turetta menziona anche un GPS tracker, un tentativo di proteggere se stesso da un eventuale rintracciamento che lo rende un enigma. Cosa ci fosse dietro questa scelta non è chiaro; sembra riflettere un desiderio di controllo, ma anche una certa ingenuità nel pensare di potersela cavare senza conseguenze.
Ulteriori annotazioni sulla lista, come le “provviste” per trascorrere giorni in macchina, aumentano la preoccupazione. La costruzione, infatti, di un piano di fuga da un atto così estremo si presenta in un modo che fa rabbrividire. La lista di Turetta è il ritratto di un’anima in tumulto, segnata da paure e desideri distorti, il cui significato si rivela sempre più interconnesso con la tragedia di Giulia Cecchettin.
Oggi, a distanza di quei tragici eventi, le rivelazioni sul memoriale di Turetta continuano a suscitare domande. La sua lista è un inquietante riassunto di una tragedia che ha segnato profondamente non solo le vite coinvolte, ma anche un’intera comunità che ora osserva con apprensione e curiosità il corso della giustizia. Gli eventi futuri in aula non si limiteranno a colmare i vuoti nella storia; porteranno alla luce la complessità di un crimine che ha scosso una società intera.