L’omicidio di Sharon Verzeni continua a essere al centro dell’attenzione pubblica, con sviluppi significativi nel processo a carico di Moussa Sangare, il reo confesso. L’avvocato Giacomo Maj, legale di Sangare, ha richiesto una perizia psichiatrica per valutare sia la capacità di stare in giudizio sia la capacità di intendere e di volere del suo assistito al momento del delitto. Un passo importante che segna il tentativo di difesa di stabilire se il cliente fosse in grado di comprendere le sue azioni.
Motivi dietro la richiesta della difesa
L’avvocato Giacomo Maj ha fondato la propria richiesta su relazioni che evidenziano comportamenti di Sangare definiti “distaccati dalla realtà”. Secondo la difesa, questi aspetti psicologici potrebbero aver influenzato la capacità dell’imputato di ragionare in modo lucido al momento del crimine. Maj ha ribadito l’importanza di una valutazione psichiatrica approfondita, sottolineando come tale esame possa offrire spunti chiave per la comprensione delle azioni del suo assistito. Tale richiesta, se accettata dal tribunale, potrebbe aprire nuove strade per la difesa, fornendo elementi che potrebbero alleggerire le responsabilità penali di Sangare.
Opposizione da parte della procura
Dall’altra parte, il procuratore della Repubblica di Bergamo, Emanuele Marchisio, ha manifestato una netta opposizione alla richiesta di perizia. Marchisio ha sottolineato che, subito dopo il delitto, Sangare ha dimostrato di agire con calcolo, cambiando la bicicletta e tagliandosi i capelli per sfuggire alla cattura. Questo comportamento, secondo il pm, suggerisce una lucidità che contraddice l’idea di incapacità di intendere e di volere. La procura ha, quindi, definito la richiesta di perizia psichiatrica come una “forzatura logica”, in quanto non supportata dai fatti. L’atteggiamento dell’imputato dopo l’omicidio lascia, infatti, nel procuratore l’impressione di un individuo consapevole delle proprie azioni.
Dichiarazioni dell’imputato in aula
Durante l’udienza, prima che la corte d’assise di Bergamo si ritirasse per deliberare, Moussa Sangare ha avuto un momento per esprimere la sua posizione. Rivolgendosi ai giudici ha gesticolato e, con un atteggiamento che ha colpito i presenti, ha esclamato: “Sono innocente”. Questa dichiarazione, pur nella sua brevità, sottolinea il desiderio di Sangare di difendersi attivamente, apparendo comunque distante dai lunghi silenzi che spesso accompagnano situazioni simili. La corte ora è chiamata a decidere su questo tema cruciale, pesando i vari aspetti della testimonianza e le evidenze presentate.
L’attenzione rimane alta per sviluppi futuri in questo caso che ha catturato l’interesse della comunità locale e non solo.