Protesta degli avvocati calabresi: 30 minuti di silenzio contro il processo “Rinascita-Scott”

In Calabria, avvocati protestano contro il “gigantismo giudiziario” durante il processo d’Appello dell’operazione “Rinascita-Scott”, denunciando inefficienze e violazioni dei diritti fondamentali degli imputati.

In un clima di crescente tensione in Calabria, gli avvocati hanno deciso di attuare una sospensione di trenta minuti durante la prima udienza del processo d’Appello relativo all’operazione “Rinascita-Scott“. Questo processo coinvolge 236 persone accusate di reati gravi, tra cui associazione mafiosa e estorsioni. Gli avvocati si sono radunati nell’aula bunker della Bicocca, esprimendo la loro opposizione a quello che considerano un “gigantismo giudiziario“, portando alla luce le loro preoccupazioni riguardo all’inefficienza e all’iniquità del sistema giuridico attuale.

Le ragioni della protesta

Gli avvocati calabresi hanno messo in evidenza numerosi problemi legati alla gestione dei processi. Durante l’udienza, i presidenti delle camere penali hanno mostrato un cartello con frasi incisive come “Stop al gigantismo giudiziario” e “Processi di massa, negazione dei diritti“. Tali affermazioni rispecchiano un approccio sistematico e aggressivo che, secondo loro, mina i diritti fondamentali degli imputati e limita la giustizia a mere statistiche.

Nell’ambito della loro esposizione, i penalisti hanno denunciato le modalità con cui le udienze vengono organizzate, accusando il sistema di imporre un’agenda insostenibile con 170 udienze all’anno per ciascun avvocato. Questa situazione crea un ambiente in cui il diritto alla difesa perde di significato, relegando le parti coinvolte a una condizione di “asservimento“. La mancanza di possibilità di interloquire e di partecipare attivamente nei processi giuridici ha portato a un aumento della frustrazione tra i difensori.

La condizione degli avvocati e degli imputati

Durante il loro sit-in, gli avvocati hanno sottolineato di essere stati trattati come “invisibili“, privati del diritto di esprimere le loro argomentazioni e le preoccupazioni relative a precondizioni fondamentali per una difesa dignitosa. La loro denuncia include anche l’obbligo di partecipare ad udienze in sedi lontane, evidenziando come il fallimento dell’organizzazione giuridica ricada pesantemente sui diritti degli imputati e dei loro legali.

Oltre ciò, è stata messa in discussione l’efficacia del processo dematerializzato, che, secondo i legali, ha introdotto regole aberranti, sottraendo diritti fondamentali e limitando le opportunità di interazione durante le udienze. I penalisti hanno fatto notare le difficoltà nel navigare un sistema giuridico che sembra più orientato al numero di processi che alla giustizia effettiva.

L’implicazione per il sistema giudiziario calabrese

La protesta degli avvocati non è solo un atto di ribellione individuale, ma un grido di allerta per l’intero sistema giudiziario calabrese. Rappresenta anche la richiesta di un ripristino della dignità per i giudici, che anche loro possono sentirsi mortificati dall’attuale andazzo. Per i penalisti, il rispetto per il ruolo di difensore e per il diritto di ogni imputato devono tornare al centro della giustizia.

La situazione attuale solleva interrogativi su come il sistema giuridico possa prevenire ulteriori degenerazioni e migliorare le condizioni di tutti gli attori coinvolti. La qualità della giustizia non dovrebbe essere sacrificata al rendimento quantitativo dei processi. La lotta iniziata dai legali calabresi potrebbe essere il primo passo verso un cambiamento necessario e auspicabile.

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