Scatta l’allarme denutriti per tantissime persone nel mondo. A cosa è effettivamente dovuto e quanto tempo abbiamo.
Gli eventi meteorologici estremi stanno avendo un impatto devastante sulla sicurezza alimentare globale. Con il Global Hunger Index 2024 che rivela dati sconvolgenti, la situazione è sempre più critica. La povertà affligge centinaia di milioni di persone, con proiezioni che suggeriscono che nel 2030 quasi mezzo miliardo di individui potrebbe trovarsi in condizioni di denutrizione cronica. Questo articolo esplora l’interconnessione tra il cambiamento climatico, altri eventi catastrofici e la crescente crisi della fame.
Siccità, inondazioni e conflitti non sono solo notizie di cronaca; le loro conseguenze si riflettono nella vita di milioni di persone. L’Indice Globale della Fame 2024, messo insieme da Cesvi, evidenzia che oltre 200 milioni di individui sono precipitati nell’insicurezza alimentare acuta solo nell’ultimo anno. Questo rappresenta un aumento preoccupante del 26% rispetto ai quattro anni precedenti. La realtà è che quasi 3 miliardi di persone nel mondo si trovano a dover affrontare l’impossibilità di seguire una dieta sana.
Alla radice di queste sfide c’è un mix di fattori. Le catastrofi naturali, aumentate in numero e intensità, contribuiscono a ridurre la produttività agricola. Secondo il report, nel 2023 si sono verificate persino 399 catastrofi naturali, con impatti devastanti per le comunità già vulnerabili. Il costo economico di queste disgrazie ha superato i 200 miliardi di dollari. I cambiamenti climatici e i conflitti sono centrali in questa crisi; infatti, un numero sempre maggiore di persone sta facendo fatica a coprire i propri bisogni alimentari primari.
Una delle preoccupazioni principali espresse nel report è che oltre il 34% della produttività agricola in Africa subsahariana è diminuita dal 1961, e con essa le speranze di migliaia di agricoltori. Alluvioni e siccità non colpiscono solo le coltivazioni, ma influiscono anche direttamente sui costi dei cibi, rendendoli inaccessibili per molte famiglie. Come sottolinea Stefano Piziali, direttore generale di Cesvi, l’uso della fame come arma in conflitti sta diventando più comune, aggravando ulteriormente la situazione.
Il report chiarisce anche che la fame non è un problema uniforme. Ci sono sei Paesi specifici—Somalia, Burundi, Ciad, Madagascar, Sud Sudan e Yemen—che stanno affrontando livelli di fame allarmanti. Altri 36 Paesi sono caratterizzati da fame grave. Questo scenario drammatico si presenta quando i dati mostrano che in due terzi delle 130 nazioni esaminate, la malnutrizione non è migliorata o, sorprendentemente, è aumentata. Il numero dei denutriti continua a crescere, e la necessità di azioni urgenti è più forte che mai.
Nonostante quanto affermato, esiste una certa speranza. Le misure per affrontare la situazione sono teoricamente realizzabili, ma richiedono un intervento strutturato e rapido. Come affermato da Piziali, diversi Paesi hanno dimostrato che il progresso è una possibilità concreta. Per esempio, colmare il divario di genere nei sistemi agroalimentari potrebbe portare a un incremento significativo del prodotto interno lordo globale—fino a quasi 1.000 miliardi di dollari. Inoltre, si stima che tale intervento potrebbe ridurre di 45 milioni il numero di persone che lottano contro l’insicurezza alimentare.
Tuttavia, se lo stato attuale della situazione continuerà a peggiorare, le proiezioni per il 2030 appaiono cupe. Le donne e le ragazze sono le più vulnerabili, e quasi un quarto di loro—ben il 23,5%—potrebbe trovarsi in una condizione di insicurezza alimentare moderata o grave.
Questa relazione complessa tra eventi climatici, conflitti e malnutrizione richiede attenzione e risorse concrete per prevenire una catastrofe umanitaria di dimensioni gigantesche. L’azione è essenziale, poiché il tempo per intervenire sta rapidamente esaurendosi.
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