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Compiti per le vacanze, il pediatra non è d’accordo

Finita la scuola arriva un altro punto molto delicato da analizzare e cioè quello legato ai compiti per le vacanze. Cosa dice il pediatra in merito.

Fin dalla notte dei tempi questo argomento ha diviso tra chi li considera di fondamentale importanza e chi pensa che i bimbi si debbano riposare.

I bambini vanno a scuola da settembre a giugno, rimanendo poi a casa per tre mesi dalla metà proprio di giugno a quella dello stesso mese che apre l’autunno. Il parere di molti è che rimanere per novanta giorni totalmente fermi impigrisca i bambini e li porti a fare molta più fatica quando riparte l’attività didattica.

Dall’altro lato invece c’è chi specifica che come dopo tanti mesi di lavoro sia arrivato il momento di tirare i remi in barca e godersi parenti, amici e attività ricreative. Oggi è difficile dare una risposta precisa al fatto se i compiti per le vacanze siano davvero utili o meno, ma diventa importante e interessante approfondire l’argomento più da vicino cercando di capire cosa dicono gli esperti in questo senso.

Andiamo a leggero più da vicino.

Cosa dice il pediatra sui compiti per le vacanze?

Diventa interessante analizzare il parere dei pediatri su quelli che sono i compiti per le vacanze e se la loro assegnazione è utile o meno per i bambini.

Come riportato da Adnkronos Salute, il pediatra Italo Farnetani ha studiato la situazione analizzando da vicino anche un impatto economico importante, specificando che i vantaggi non ci siano proprio: “Non c’è nessuna motivazione psicopedagogica valida e non è una pratica educativa. Rischia di essere anzi diseducativa al contrario”.

Compiti per le vacanze darli o no?
Compiti per le vacanze, fanno bene? (Bajo.it)

Pare che le famiglie italiane spendano circa 250 milioni di euro per acquistare i materiali per i compiti estivi, di media 40 euro per ragazzo: Queste risorse potrebbero essere usate meglio, per esempio investendo in corsi di nuoto, dal momento che molti bimbi non lo hanno imparato e potrebbero correre anche dei rischi in acqua”.

Aggiunge: “Saper nuotare non va visto come una semplice abilità sportiva, invece è una forma di sicurezza oltre che di beneficio per l’attività fisica”. E spiega: “È più utile destinare risorse per portare i figli più giorni al mare, in piscina o ad ascoltare musica, a mangiare magari una pizza. Attività che aiutano il bambino a socializzare e sono positive per la sua psiche”. 

Non tutti la pensano così, ma nonostante questo l’opinione dell’ordinario all’Università Ludes United Campus di Malta è davvero rilevante.